Umanizzare la quotidianità



Scrivo qui alcuni suggerimenti per vivere meglio gli impegni quotidiani e non lasciarsi travolgere dai ritmi frenetici di ogni giorno. O almeno provarci.
Sono piccoli spunti ricevuti da Wolfgang Fasser durante un piacevolissimo week-end a Quorle che mi hanno aiutato a trovare spazio per rigenerarmi e sentirmi più cittadina di questo mondo.
Il segreto per essere felice, ... o quantomeno "centrata" sembra essere questo: trovare spazi per ricevere nutrimento - e non solo affannarsi e consumare energie. 



Alcuni riti della giornata. La mattina: vestirsi con semplicità e leggerezza; durante il giorno: avere uno sguardo d’amore sugli altri (sui colleghi, gli amici, i figli). La sera: distinguere il chicco dalla pula, quello che ha arricchito la giornata da quello che non mi è piaciuto. E lasciare andare, o affidare, quest’ultima.


Altra regola d’oro è imparare a interrompere il turbinio delle cose da fare per staccare e festeggiare.
Giorno per eccellenza per questo “stacco” è la domenica, giorno del riposo, della festa e del nutrimento. La domenica deve essere riposo da tutto, anche dai problemi e dalle preoccupazioni. E’ il tempo dilatato, il tempo delle relazioni. Dobbiamo mettere in discussione tutto il resto (mettere paletti su tutti gli altri impegni “esterni”) per preservare il tempo per la famiglia e rigenerarci nel tempo relazionale.
In questo giorno di festa è importante dare spazio a due gesti: ringraziare e benedire.
Ringraziare per quello che abbiamo, riconoscere le nostre ricchezze.
E benedire. Abbiamo dimenticato (e delegato) questo gesto, che invece ha un grande valore. Le popolazioni africane hanno molto da insegnarci: loro benedicono sempre, è la loro ricchezza.
Durante la domenica (almeno!) dobbiamo sapere interrompere la nostra vita frenetica e "celebrare l’incompiuto”. Ammettere la meraviglia che è intorno a noi e godercela, mettendo da parte tutto quello che ci resta da fare (la lavatrice, i compiti, la cena, ….).
Infine, dobbiamo celebrare e fare festa. Anche in questo, gli africani sono maestri, perché sono in grado di cogliere la vita che include tutto: il disagio, la sofferenza, la morte, ma anche la gioia, la festa e la speranza. E anche con poco (o niente) festeggiano e celebrano la vita.


Questi riti ci aiutano a rendere umane le nostre vite e il mondo, e richiama la filosofia dell’ubuntu, che è lo spirito della comunità.
Ubuntu è essere uomo fino in fondo, è riconoscere che ogni cosa che faccio avviene anche grazie a chi c’era prima di me, e agli altri uomini che mi vivono intorno oggi. Siamo tutti interdipendenti. Per crescere umanamente è necessario occuparsi dei bisogni primari della comunità. O “amorizzare” il mondo, come dice Arturo Paoli

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