E’
arrivata. La primavera di quest’anno mi sembra la più bella che abbia mai vissuto.
O
forse no. Forse ogni anno che passa sono io a percepire di più i profumi nell’aria,
a godere del sole finalmente caldo, del venticello gentile, dei colori degli
alberi.
Questa
primavera è unica : Tommaso usa un linguaggio forbito, canta a squarciagola ed
è sempre allegro e sorridente; stento a riconoscere quel neonato dalla fronte
sempre corrugata e indagatrice. Giacomo
alterna la sua dolcezza e sensibilità
con una irrefrenabile voglia di giocare, fare scherzi e correre in
continuazione; quando si siede a tavola chiede sempre se c’è un dolce o una
torta, e si lamenta quando scopre l’amara verità; difficile resistere ai suoi
occhioni verdi e alla sua ruffianaggine! Cecilia è già grande; ha solo nove
anni ma a volte assume atteggiamenti da ragazzina, … ma non quelle ragazzine
betoniche che giocano ad atteggiarsi da grandi: a lei sembrano ancora estranei
certi mondi. Si accorge da sola che il letto è da rifare, o che un fratello ha
bisogno di una mano, si isola in un mondo tutto suo leggendo libri e fumetti, alternando
momenti in solitaria con mega-giochi di ruolo insieme ai suoi fratelli, in cui
ovviamente lei stabilisce ruoli, battute, travestimenti e scenografie, ma poi
consente anche qualche atto di ribellione di Giacomo, che inizia ad imporsi e a
trovare una sua collocazione tra la primogenita e il piccolo di casa.
Cecilia
ai miei occhi è anche un vago ricordo della bambina che sono stata, e forse
proprio per questo mi sembra di conoscerla da sempre, di capirla al volo, con
un linguaggio squisitamente femminile, che ci appartiene dalla notte dei tempi,
inaccessibile agli uomini e proprio per questo ancor più magico.
Lei
mi insegna a riprendermi i giochi che da bambina mi sono mancati. E io pedalo
sempre più spesso sulla mia bici per recuperare quel tempo in cui andavo in
bicicletta una volta all’anno, nella casa di campagna dei nonni.
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